Accordi bilaterali III, quo vadis?
Dopo la rottura dei negoziati sull’accordo istituzionale nel 2021, la Svizzera ha provato cosa significhi essere in disaccordo con l’UE, soprattutto a causa della parziale esclusione dal programma di ricerca più grande del mondo. Ora potrebbero concretizzarsi i colloqui sugli accordi bilaterali III. Che cosa ha a che vedere tutto questo con il servizio pubblico? transfair fa chiarezza.
Accordi bilaterali – di che si tratta?
Come Stato non appartenente all’Unione europea, la Svizzera si impegna a disciplinare i propri rapporti con l’UE a livello politico, economico e culturale per mezzo di convenzioni e accordi bilaterali. Particolarmente significativi a questo riguardo sono gli accordi bilaterali I e II. Ma di che cosa si tratta in concreto?
Gli accordi bilaterali possono essere intesi come «pacchetti» che comprendono diversi accordi tra la Svizzera e l’UE. Il pacchetto degli accordi bilaterali I, siglato nel 1999 e approvato dalla popolazione svizzera, comprende accordi sulla libera circolazione (delle persone), sugli ostacoli tecnici agli scambi, sugli appalti pubblici, sull’agricoltura, sul traffico terrestre e aereo nonché sulla ricerca. Si tratta per lo più di accordi sull’apertura dei mercati che garantiscono alla Svizzera l’accesso al mercato interno dell’UE.
Nel secondo pacchetto di accordi, i bilaterali II, firmato nel 2004, la cooperazione con l’UE è stata ampliata oltre la mera collaborazione economica ad altri settori politici chiave, quali la sicurezza, l’asilo, l’ambiente e la cultura. Tra questi figurano accordi in ambiti quali Schengen/Dublino (politica della sicurezza e dell’asilo), lo scambio di informazioni automatico per questioni fiscali, la lotta alle frodi, i prodotti agricoli trasformati, l’ambiente, la statistica, il programma MEDIA (Europa creativa), le pensioni (per evitare la doppia imposizione) e l’educazione. Anche questo pacchetto è stato approvato dal popolo.
Blocco grazie all’accordo quadro istituzionale
Tuttavia, da un po’ di tempo i rapporti bilaterali tra la Svizzera e l’UE sono bloccati. La ragione di questo stallo è che l’UE ha deciso di stipulare gli accordi per l’accesso al mercato come quelli sottoscritti dalla Svizzera solo più sulla base di un accordo quadro istituzionale concluso in precedenza. Perché?
L’UE ritiene gli accordi bilaterali statici siano in contrasto con il diritto dell’UE, in continua evoluzione. Secondo l’UE nascerebbero troppe differenze tra le due realtà giuridiche sul motivo per cui in un accordo quadro dovrebbero essere disciplinate le modalità e la possibilità che la Svizzera in futuro adotti nuove disposizioni giuridiche dell’UE e chi, in caso di controversie, abbia l’autorità di decidere.
In effetti, la Svizzera recepisce il diritto europeo già da molto tempo, non solo quando è obbligata a farlo in virtù degli accordi bilaterali, ma anche di propria iniziativa.
Le negoziazioni su questo accordo istituzionale sono state avviate nel 2014 e interrotte dalla Svizzera dopo sette anni nel maggio del 2021. I motivi del fallimento dei negoziati sono da ricercarsi in disaccordi sulla libera circolazione delle persone, soprattutto per quanto riguarda le assicurazioni sociali, nonché la protezione dei salari e dei lavoratori.
L’accordo quadro istituzionale avrebbe praticamente significato la fine delle cosiddette «misure d’accompagnamento». Misure fondamentali, in quanto tutelano le persone attive contro l’offerta abusiva di condizioni salariali e di lavoro inferiori a quelle usuali in Svizzera, ossia contro il cosiddetto dumping salariale. Le misure d’accompagnamento sono state introdotte nel 2004 nel quadro dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. Questo accordo dà ai cittadini svizzeri e dell’UE nonché degli Stati dell’Associazione europea di libero scambio il diritto di scegliere liberamente il loro luogo di lavoro o di soggiorno all’interno dei territori degli Stati membri.
Di conseguenza, i salari e le condizioni di lavoro svizzeri sarebbero stati seriamente a rischio a causa dell’accordo istituzionale, motivo per cui transfair e la sua federazione mantello Travail.Suisse hanno appoggiato la decisione del Consiglio federale di interrompere i negoziati.
Conseguenza: esclusione parziale da Orizzonte Europa
Come reazione all’interruzione unilaterale delle negoziazioni sull’accordo quadro, la Svizzera è stata parzialmente esclusa da Orizzonte Europa, il programma di ricerca e di promozione dell’innovazione più grande del mondo. Fino a nuova disposizione, la Svizzera sarà trattata come Stato terzo non associato, il che significa che le ricercatrici e i ricercatori elvetici non potranno più candidarsi presso l’UE per singoli progetti di rilievo. Un duro colpo, in quanto eccellenti ricercatrici e ricercatori non otterranno più incentivi per svolgere i loro lavori di ricerca in Svizzera e andranno a cercare lavoro all’estero. Di conseguenza, anche i potenziali fondatori di start-up si sposteranno in altri Paesi, con un impatto negativo sul mercato del lavoro. La piazza economica e di ricerca elvetica perde in tal modo notevolmente in attrattività e innovazione. Le reti internazionali degli istituti di ricerca peggiorano continuamente e possono risultare perdite finanziarie, il che può avere effetti negativi sulle condizioni di lavoro e sui posti di lavoro in Svizzera.
Come partner sociale riconosciuto nel settore dei PF, di recente transfair si è espresso in una presa di posizione a favore di una piena associazione della Svizzera al programma di ricerca Orizzonte Europa. Per superare nel miglior modo possibile il periodo fino a quando la Svizzera non godrà della piena associazione, si prevede di istituire un fondo Orizzonte per garantire meglio i mezzi finanziari a favore della ricerca svizzera.
Accordi bilaterali III?
Nonostante il fallimento dell’accordo quadro e l’esclusione parziale da Orizzonte Europa, sia la Svizzera che l’UE sono tuttora interessate a una buona relazione reciproca. Per questo motivo, dopo il fallimento dell’accordo quadro istituzionale, sono state avviate negoziazioni per un potenziale rinnovo degli accordi bilaterali con un nuovo pacchetto: gli accordi bilaterali III. Su incarico del Consiglio federale, sotto la guida della segretaria di Stato Livia Leu, con rappresentanti dell’UE, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) sta portando avanti colloqui preliminari per cercare di capire se vi è la disponibilità da parte di entrambe le parti per quanto riguarda un potenziale nuovo pacchetto di accordi bilaterali. In caso affermativo, verrà approvato un mandato negoziale da entrambe le parti. Dopodiché inizierebbero i negoziati veri e propri per l’elaborazione degli accordi bilaterali III. Alla fine di marzo 2023, il Consiglio federale farà il punto della situazione e deciderà se interrompere o proseguire i colloqui preliminari o se richiedere un mandato di negoziazione.
Il tema degli aiuti statali
Oltre alla protezione dei salari e delle condizioni di lavoro, anche gli aiuti statali sono evidentemente un tema fondamentale durante i colloqui preliminari con l’UE. Gli aiuti statali sono vantaggi finanziari concessi in maniera selettiva dallo Stato o mediante fondi statali, ad esempio sotto forma di pagamenti diretti, sovvenzioni o agevolazioni fiscali. Vengono concessi al settore pubblico, tra cui figurano la Posta, le FFS o Swisscom per garantire il servizio universale in tutto il territorio nazionale.
Secondo l’UE, gli aiuti statali possono distorcere la concorrenza, motivo per cui nell’UE vengono vietati. Nel quadro dei colloqui attuali, l’UE avanza apparentemente diverse rivendicazioni nei confronti della Svizzera per quanto riguarda gli aiuti statali.
Possibili conseguenze per il servizio pubblico
Attualmente è ancora troppo presto per valutare in maniera concreta le potenziali conseguenze degli adeguamenti agli aiuti statali. Come sindacato del servizio pubblico, transfair si batte con veemenza contro qualsiasi modifica. Se gli aiuti statali venissero ridotti o, nel peggiore dei casi, aboliti del tutto, diversi servizi comunali, cantonali e statali non potrebbero più essere garantiti nella stessa misura o non potrebbero più essere garantiti per niente. Questo indebolirebbe in maniera massiccia il servizio pubblico. I diritti acquisiti sotto forma di buone condizioni di lavoro, i servizi di alta qualità e non da ultimo anche gli importanti posti di lavoro del settore pubblico potrebbero essere effettivamente a rischio. transfair non vuole fare l’uccello del malaugurio, ma sottolinea quanto sia importante che la posizione della Svizzera rimanga ferma in relazione agli aiuti statali e alla tutela del servizio pubblico. transfair e la sua federazione mantello Travail.Suisse continueranno a seguire con grande attenzione tutti gli sviluppi concernenti gli accordi bilaterali III e, se necessario, a scongiurare con tutte le loro forze i possibili attacchi al servizio pubblico.
Da marzo 2022, il Consiglio federale e la Commissione UE stanno tastando il terreno per determinare se ci sono abbastanza interessi in comune per un nuovo accordo quadro o un terzo pacchetto di accordi bilaterali. Per Travail.Suisse è chiaro: in caso di una futura votazione popolare, gli accordi bilaterali III hanno solo una chance, a condizione di garantire la tutela degli stipendi e delle condizioni di lavoro, di non mettere a rischio il servizio pubblico e di permettere alle lavoratrici e ai lavoratori di trarne un beneficio.
Nei colloqui preliminari in corso, l’UE sembra avere mostrato più comprensione per la posizione della Svizzera sulla protezione dei salari rispetto alle negoziazioni sull’accordo quadro. L’UE ha tuttavia anche avanzato nuove rivendicazioni: esige accordi supplementari sull’accesso al mercato e chiede che la Svizzera adotti le regolamentazioni sugli aiuti statali, il che può avere degli effetti sul servizio pubblico. Pretendiamo pertanto sufficienti garanzie affinché le nostre imprese svizzere del servizio pubblico a partecipazione statale non debbano essere privatizzate.
È tuttora poco chiaro quali regole istituzionali saranno applicate nell’accordo sulla libera circolazione delle persone. Questo punto è importante affinché la Svizzera possa regolare autonomamente la propria protezione salariale. Vogliamo evitare che la Corte di giustizia dell’Unione europea possa sospendere le nostre misure sulla protezione salariale, come lo ha già fatto in altri Paesi europei. L’obiettivo deve essere quello di garantire le nostre misure d’accompagnamento sulla base del diritto internazionale.
Serve un ampio consenso agli accordi bilaterali III: in Svizzera gli ambienti politici vicini all’economia devono trattenersi sufficientemente dal cogliere il momento ed evitare di portare avanti ulteriori liberalizzazioni. L’economia deve adoperarsi a favore della tutela dei salari. Travail.Suisse si impegna in questo senso nei confronti delle autorità federali nel sounding board del Consiglio federale e rappresenta in prima linea gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori.